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Creare il proprio brand – come scegliere il nome

branding - come scegliere il nome

Il branding, ossia il processo di creazione di un'identità per il proprio marchio o prodotto, da prerogativa riservata alle grandi aziende è diventata nel tempo una necessità sentita da ogni realtà moderna che si affaccia sul mercato, specialmente se movimentato e affollato come quello di Internet.

Fino a non molti anni fa interrogarsi sull'identità da dare alla propria attività era considerato qualcosa di superfluo. Spesso e volentieri ci si rifaceva al nome dell'intestatario o del settore in cui si operava: i primi anni 2000 hanno riempito la Rete di società con nomi poco fantasiosi che ruotano attorno a parole come "web", "hosting", "internet" o formati dalle iniziali del titolare (mi chiamo Giovanni Losi e faccio hosting? GL Hosting!), ma la competizione e un settore giunto a maturità oggi esigono si faccia uno sforzo maggiore per potersi distinguere, grazie a un brand che ci identifichi chiaramente e non si perda nell'anonimato.

Caratterizzare con una personalità chiara il proprio prodotto/marchio è diventato oramai un passaggio fondamentale nella definizione dell'attività, visto che si tratta di qualcosa che ci porteremo dietro per diverso tempo e che apparirà ovunque, dai biglietti da visita al sito web.

Poco più di un anno fa ero impegnato a ragionare su diverse questioni legate al branding, trovandomi a definire quella che sarebbe stata la mia nuova attività.
Gli appunti di quell'esperienza, sparsi tra file, immagini e scarabocchi nell'inseparabile Moleskine rossa, sono diventati un po' quello che era il "Come lo feci" del dottor Victor Frankenstein in Frankenstein Junior. Chissà che quegli appunti, quelle riflessioni non possano tornare utili ad altri ma soprattutto, non trattandosi di ciò che faccio di mestiere, mi incuriosirebbe sapere come altri abbiano affrontato lo stesso problema che, combinando una componente razionale con una creativa, personalmente non ho trovato affatto banale.


Come mi sono mosso, quindi?
Per iniziare, ho identificato 3 aspetti basilari sui quali mi sarei concentrato per definire l'identità del mio brand:
 
1
IL NOME
2
IL LOGO
3
IL COLORE
 

Oggi vediamo il primo e più importante di questi aspetti: la scelta del NOME

Questa è la fase che ho trovato più difficile e che ha richiesto un lungo periodo di lavoro e riflessioni. Ho già affrontato la questione per sommi capi nel post "Come scegliere il dominio da registrare", ma qui vorrei analizzare più approfonditamente l'argomento. Considerando che il prodotto destinato a vedere la luce sarà la nostra creatura, il dilemma da affrontare è uno di quelli capaci di non farci dormire la notte: quale nome dare a nostro figlio?

Trovare l'ispirazione

Prima di pensare a un nome vero e proprio mi sono dato una serie di criteri da seguire per determinare quali caratteristiche volevo avesse il termine che avrebbe indicato il mio brand. La lista, piuttosto estesa, ha preso forma man mano sulla base di gusti personali così come di idee nate dalle tante ore spese in Rete a capire quali fossero i trend del momento ed analizzare ciò che altri fanno, in questo e in settori simili. Una frase che si vuole attribuita a Picasso dice "gli artisti mediocri imitano ma i grandi artisti rubano"; concetto che in questo caso ho fatto mio, "rubando" alcune linee guida per la definizione del nome.

Idealmente, il nome che considero perfetto dovrebbe essere:

  • ragionevolmente breve;
  • facile da pronunciare (in italiano e in inglese, allo stesso modo);
  • facile da scrivere e da ricordare;
  • difficile da storpiare e che non si presti a giochi di parole che rendano il nome ridicolo, imbarazzante o volgare;
  • privo di lettere dell'alfabeto mute, facili da fraintendere o scambiare tra di loro (h, j, q, n/m, d/p/t);
  • possibilmente palindromo;
  • originale e non troppo simile ad altri brand conosciuti;
  • un neologismo derivato da una o più parole conosciute, oppure...
  • munito di un significato in qualche modo riconducibile all'attività svolta, oppure che abbia una storia da raccontare;
  • e già che ci siamo: possibilmente palindromo.

In questa fase ho utilizzato parallelamente due approcci differenti, uno più analitico e l'altro più creativo.

P er quanto riguarda l'approccio più razionale ho utilizzato un foglio elettronico nel quale ho inserito suffissi, prefissi e parole da fondere tra loro seguendo una logica prefissata, frapponendo infine tra di esse tutte le lettere dell'alfabeto in sequenza, così da generare migliaia di combinazioni. Una soluzione abbastanza perversa - lo ammetto - ma che volevo portasse alla creazione automatica di nuove parole composte.

Nel pensare ai termini da utilizzare come "sorgente" mi sono rifatto alle caratteristiche distintive del brand e del servizio erogato, pescandoli non solo dalla lingua italiana e inglese ma anche dai vocabolari di lingue esotiche, dal giapponese al maori, passando per l'hindi e il sanscrito.
Nel mio caso il concetto che volevo sottolineare, cioè quello di gestire in maniera semplice qualcosa che solitamente è complesso, ben si sposa con alcune lingue che richiamano l'idea di pratiche spirituali e di rilassamento. Per fare un esempio, trovo parecchio azzeccato l'utilizzo del nome Asana per l'omonima società che offre come servizio "the easiest way for teams to track their work—and get results": vale a dire, gestire il lavoro dei gruppi in maniera naturale, coordinata e semplice come una posizione yoga. Bello!
Per la ricerca dei vocaboli, oltre al classico servizio Translate di Google mi sono avvalso del traduttore di Babylon così come di dizionari specifici per determinati idiomi come The English-To-Hausa Query, messo a disposizione per chissà per quale motivo dall'Università di Vienna. Nella ricerca spasmodica di qualcosa di originale sono incappato anche in un curioso servizio di generazione casuale di nomi, ma lo consiglierei più che altro a chi volesse scrivere una saga fantasy in stile Harry Potter o Il Signore degli Anelli.

A volte i risultati ottenuti seguendo questo sistema si sono rivelati veramente complessi ma, anche se il senso non fosse stato di immediata comprensione, mi piaceva l'idea che ciò sarebbe stata l'occasione per raccontare una breve storia sul significato nascosto di quel nome misterioso.

Brainstorming HeadF ogli di calcolo e complessi ragionamenti a parte, per stimolare la mia (scarsa) creatività mi sono affidato a sessioni di brainstorming. Al di là di ritagliarmi del tempo specifico per pensare, l'ispirazione poteva arrivare anche improvvisamente quando, balenatami un'idea in testa, mi mettevo immediatamente a scarabocchiare sul taccuino che mi portavo sempre appresso. In questa fase ho fatto mio il concetto di serendipity e scoperto quanto sia vero che spesso la creatività è un processo che avviene mentre si è affaccendati a fare altro. E' bene non accanirsi e lasciare che i pensieri si sedimentino, dedicandosi ad attività che non impegnino la mente o che comunque le consentano di spaziare, come praticare dello sport o leggere... e magari l'idea giusta ci verrà mentre saremo sotto la doccia o impegnati a lavare i piatti.

 
 

Messomi all'opera, trovare un nome che rispettasse tutti i criteri che mi ero imposto si è immediatamente dimostrato arduo - praticamente impossibile - costringendomi a rivedere i miei "canoni ideali" più e più volte, man mano che questi si infrangevano contro la dura realtà. Dopo una lunga serie di ipotesi e tentativi ho realizzato che sarei dovuto scendere a compromessi, visto che i pochi nomi che rispondevano a quasi tutti i criteri erano uguali o simili a brand già esistenti, oppure inutilizzabili perché risultavano ridicoli.

Fortunatamente ho avuto parecchio tempo per fare tutte queste mie elucubrazioni, ma conoscendomi questa fase sarebbe potuta proseguire all'infinito. Così, dopo alcune settimane ho raccolto le parole "finaliste" e le ho assegnato un voto per ognuno dei criteri che mi avevano ispirato inizialmente, scartando le meno adatte.
Finalmente avevo la mia prima lista di candidate.

Tra il dire e il fare

Tutta questa bella teoria andava però verificata con la pratica, e in particolare con 2 fattori: dominio e marchio.
Per le mie esigenze - anche se è un consiglio che darei a tutti - era fondamentale che fossero ancora liberi i corrispondenti domini .it e .com, con possibilità di accaparrarsi anche il .eu e alcuni tld nazionali, senza dover storpiare il nome o ricorrere all'utilizzo dei trattini che trovo antiestetici e risultano difficili da spiegare.

Domain SignPer la ricerca del dominio consiglio di rivolgersi direttamente alle fonti, quindi:

Ho così scoperto che uno dei miei nomi preferiti era già registrato. In vendita, ma a una cifra che ritenevo troppo alta e che, trovandomi agli inizi dell'attività, ho preferito dedicare allo sviluppo del prodotto.

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Inoltre, ho voluto assicurarmi che il nome scelto per il brand non fosse già utilizzato.
Ho fatto una banalissima ricerca su Google per vedere se storicamente vi fossero risultati che indicassero un suo utilizzo precedente. Questo per evitare brutte sorprese in futuro: sarebbe spiacevole accorgersi solo quando troppo tardi che la parola prescelta è stata utilizzata in passato per fini illeciti, truffe o in contesti poco edificanti. Fate anche una ricerca per immagini (disattivando il SafeSearch di Google). Non si sa mai cosa possa significare una determinata parola in una lingua a noi sconosciuta. Se le immagini che vi vengono mostrate nei risultati vi disturbano... o se il colore predominante è il rosa, forse è il caso di ripensare la scelta del nome. :-)

IPNeighborhood toolbar

Sono poi passato alla verifica dei marchi registrati, per evitare di incombere in problemi di trademark con altre aziende.
Per queste ricerche mi sono venuti comodi un paio di altri tool, quello messo a disposizione da IP Neighborhood (attualmente non funzionante) e il servizio di ricerca dei marchi registrati a livello nazionale e internazionale di TMview.

Last but not least, un giro sui più diffusi social network per accertarmi che le pagine e i nomi fossero ancora liberi per l'utilizzo.
E con questo ho ristretto ulteriormente la mia lista, rimanendo con 4-5 opzioni.

A questo punto, avevo bisogno di aiuto

Per la decisione finale ho coinvolto in un sondaggio una ristretta cerchia di conoscenti. Persone con le quali avevo già discusso in passato sulla mia ricerca, oppure gente del Settore che per sensibilità, professionalità ed esperienza stimo e che speravo potessero fornirmi la loro preziosa opinione. Mi ha fatto piacere constatare come tutti abbiano dedicato del tempo alla questione, offrendomi i loro consigli e contribuendo a chiarire alcuni dubbi che mi bloccavano.

I nomi sono così stati ridotti a due. Sono molto differenti e mi sarebbe piaciuto utilizzarli entrambi... ma alla fine ho dovuto fare una scelta.

E così è nato nomeasy

Nonostante la lunga fase di analisi e ricerca il nome non risponde a tutti i criteri che mi ero imposto inizialmente: contiene caratteri che possono essere facilmente fraintendibili (n, m), succede che debba ripeterlo o indicare come si scriva e - soprattutto - non è palindromo (quanto invidio i ragazzi di dontnod!). Tuttavia, al di là di tutte le considerazioni fatte fin'ora, alla lunga il successo di un nome lo stabilisce il mercato e gli utenti: Yahoo e Google non erano facilmente memorizzabili agli esordi, eppure ora tutti sanno come si scrivono (QUASI tutti, visto che gogle.com, gooogle.com e googel.com sono stati registrati dalla società di Mountain View per rimandare a google.com).

E voi quali ragionamenti avete fatto nel momento in cui vi siete trovati a dover scegliere il nome della vostra attività o di un vostro prodotto? L'ispirazione è venuta immediatamente o avete adottato qualche stratagemma particolare per trovare il nome che facesse al caso vostro?

Nel post successivo vedremo un altro aspetto fondamentale del processo di creazione del proprio brand: il logo.

 

Ulteriori approfondimenti:

 

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